Alfa Romeo 8 C 2300

(Vincitrice della Targa Florio nel 1931 e 1932 con T.Nuvolari)

“L’Alfa Romeo reagì con coraggio alla crisi degli anni Trenta, mettendo in produzione la 8C 2300, una costosa purosangue che, nata come vettura da turismo da sogno si dimostrò sportiva vincente e auto da Gran Premio.”

Lo stemma Alfa Romeo 8C 2300 (1932) - La struttura Particolare del motore Alfa Romeo 8 C 2300 carrozzata Zagato Alfa Romeo 8 C 2300 Alfa Romeo 8 C 2300 Le Mans
Alfa Romeo 8 C 2300 Alfa Romeo 8 C 2300 Le Mans stradale

(L’Alfa Romeo era disponibile nelle versioni passo lungo e passo corto. Le foto mostrano!a torpedo 4 posti a passo lungo con cui la coppia francese Heldé-Staffel partecipò alla 24 Ore di Le Mans del 1935. Il particolare permette di osservare il motore a 8 cilindri diviso in due blocchi di 4 allineati longitudinalmente.)

Il 1931 non appariva certo l’anno migliore per il lancio di sofisticate vetture sportive. Il mondo era in piena crisi e molti fabbricanti di vetture sportive erano costretti a ridimensionarsi. Nonostante questa difficile situazione, che coinvolse un pò tutte le case, l’Alfa Romeo scelse proprio il 1931 per lanciare la 8C 2300.

Nicola Romeo aveva preso in mano a società milanese A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) verso la fine del 1915. Lo stabilimento avrebbe poi assunto il nome di Alfa Romeo con la ripresa della produzione automobilistica al termine della I Guerra Mondiale.

Il primo progettista dell’Alla Romeo fu Giuseppe Merosi, che, agli inizi del 1900, aveva già progettato vetture da competizione Fiat e Bianchi. La notorietà di Merosi è dovuta soprattutto alle Alfa Romeo da lui progettate negli anni Venti e, in particolare, alla serie RL. Nelle versioni da competizione, le ‘creature’ di Merosi vinsero molte gare e, tra queste, la prestigiosa Targa Florio del 1923. I successi sportivi si traducevano naturalmente in pubblicità e quindi in incremento delle vendite. Nel 1925 l’Alfa Romeo raggiunse la produzione di 1110 vetture, costituite esclusivamente dal tipo RL 6 cilindri e dal suo derivato in versione ridotta, il 4 cilindri. Tale record di produzione ha resistito sino al 1951, anno in cui furono costruiti 1228 esemplari della 1900, una berlina di largo mercato. Sotto l’aspetto commerciale, le vetture di Merosi ottennero quindi un indiscusso successo; ma se Merosi fu un progettista eccellente, il suo successore Vittorio Jano, creatore della 8C 2300, fu addirittura un genio.

Sin dall’inizio degli anni Venti, Nicola Romeo nutriva la speranza di portare le Alfa Romeo ai vertici delle vetture da Gran Premio, ed era perciò seriamente intenzionato ad accaparrarsi i progettisti più capaci del momento. Quando Luigi Razzi, un anziano progettista che aveva lasciato la Fiat per approdare all‘Alfa Romeo, gli suggerì che Jano aveva i requisiti richiesti, Nicola Romeo si mise subito in movimento, ricorrendo all’opera di mediazione di un personaggio che sarebbe diventato famoso. Fu in fatti Enzo Ferrari in persona che, in occasione di una visita. certamente non casuale, a casa di Jano, convinse quest’ultimo, e sua moglie Rosina, a lasciare la Fiat, l’are peraltro che Jano stesse maturando di per s la decisione di cambiare azienda perché contrariato da un alterco avuto con il direttore generale della Fiat, Guido Fornaca, al Circuito di Tours in occasione del Gran Premio di Francia del 1923.

Trasferitosi a Milano, Jano iniziò a lavorare al progetto P2, con risultati tali da ripagare ampiamente la fiducia nutrita in lui, Alcune date possono fornire un’idea dell’efficienza di lano. Nel settembre 1923 lano si presentò allo stabilimento del Portello (Milano); nel dicembre, iniziò la progettazione della P2; nel marzo 1924 venne provato al banco il primo motore; alla fine di maggio la prima P2 fu pronta per scendere in pista. Ci vollero quindi meno di sei mesi per ideare, disegnare e costruire la prima P2. Dopo aver debuttato a Cremona nel giugno del 1924 vincendo la gara alla media di oltre 150 km/h, la P2 conquistò nel 1925 il primo Campionato Mondiale Marche e, da allora, allo stemma Alfa Romeo fu aggiunta una corona di alloro.

Per rimpiazzare modelli ad aste e bilancieri progettati da Merosi, che mostravano il segno degli anni, Jano disegnò motori a 6 cilindri da 1500 cm con soluzioni improntate alla sofisticata tecnica delle vetture da Gran Premio. Nacquero così le prime automobili da turismo con singolo albe ro a camme in testa, presto seguite da versioni sportive con doppio albero a camme in testa. Nel 1929 Jano decise di aumenta re la cilindrata da 1500 a 1750 cmc.

I modelli 1 500 e 1750 cm colsero importanti successi nelle competizioni tra vetture sport. Ciò recò probabilmente all’Alfa Romeo una pubblicità maggiore di quella derivata dalle vittorie delle sue vetture da Gran Premio, specie in un periodo in cui l’interesse per quest’ultimo tipo di gare era in netto ristagno. Nel 1928 le Alfa Romeo 1500 vinsero la Mille Miglia, la Coppa Georges Boillot a Bologna e la 24 Ore di Spa in Belgio, mentre le 1750 vinsero nuovamente la Mille Miglia e la gara belga nel 1929 e nel 1930.

Nonostante la cilindrata relativamente modesta (anche se sovralimentata mediante compressore), le 1750 riuscirono a ottenere netti successi anche in alcune classiche riservate a vetture sport. Questa situazione comunque non era destinata a durare. Le P2 erano infatti invecchiate e non tenevano più il passo delle altre vetture da Gran Premio. Nemmeno la tipo A, che pur costituiva un apprezzabile e coraggioso tentativo di riacquistare competitività, riuscì a risolvere la situazione. Ciò che occorreva era un modello nuovo, rivolto ad una clientela selezionata e con sufficiente disponibilità finanziaria, un modello stradale con caratteristiche tali da renderlo idoneo a gareggiare nella categoria sport e, possibilmente, a essere modificato per competere anche nei Gran Premi. Fu con questi intenti che Jano si accinse nel 1923 a disegnare una macchina rivelatasi in seguito di livello mondiale.

Partendo da tali premesse, la messa in produzione della 8C 2300 nel pieno della crisi economica del 1931 non tu poi un’idea tanto assurda. Oggigiorno le competizioni di massimo livello rappresentano un grosso giro d’affari, ma non dobbiamo dimenticare che, anche nel 1931, le macchine da Gran Premio e le sport che partecipavano con buoni risultati a gare internazionali garantivano un bilancio considerevolmente attivo. Fu così che nel 1931 Jano tornò a vincere, come nel 1924.

La caratteristica saliente della 8C 2300 era rappresentata dal suo motore: un 8 cilindri in linea, alesaggio di 65 mm e corsa di 88 mm (esattamente come la 6C 1750 ma, grazie ai due cilindri in più, con cilindrata pari a 2336 cmc). La particolarità più interessante del motore consisteva nel fatto che esso era costituito da due blocchi, accoppiati, di 4 cilindri ciascuno, con canne a secco, e con una testata smontabile per ciascun blocco. In corrispondenza dell’accoppiamento tra i due blocchi era sistemata una cascata di ingranaggi che comandava gli alberi a camme, il compressore, la dinamo e le pompe dell’acqua.

l.’albero motore da 50 mm, supportato da dieci cuscinetti di banco con guscio in bronzo e riporto di metallo bianco, era anch’esso in due pezzi, accoppiati al centro mediante due ingranaggi a dentatura elicoidale imbullonati tra di loro. Di questi due ingranaggi, quello in acciaio comandava gli alberi a camme, mentre l’altro in bronzo azionava i vari accessori.

Il disegno delle testate della 8C 2300 era simile a quello dei modelli 6 cilindri a doppio albero a camme in testa. Le valvole avevano le stesse dimensioni di quelle montate sui motori 1500 cmc a testa fissa, e anche il sistema di registrazione, uguale a quello adottato nei motori 6 cilindri, si basava su cappellotti in acciaio temprato, filettati sull’estremità dello stelo valvola, una soluzione adottata per la prima volta dalla Hispano-Suiza. Le valvole formava no un angolo di 90’, così come su tutti i motori 1500 e 1750, con la sola del testa fissa, dove erano poste a 100° l’una rispetto all’altra. Il compressore singolo, tipo Roots, era alimentato da un carburatore Memini. La pressione di sovralimentazione dichiarata ufficialmente era di 0,65 kg/cmq ma in realtà, il valore effettivo di funzionamento era probabilmente più basso. Sulle vetture di serie, l’impianto di sovralimentazione non fu mai dotato di manometro, e il non poterne tenere sotto controllo la pressione forse aumentava la possibilità di cedimento della guarnizione della testata. L’impianto di accensione, del tipo a bobina e spinterogeno della Bosch, era simile a quello dei modelli 6 cilindri.

La produzione della 8C 2300 in versione sport si articolò in tre serie: la prima nel 1931, la seconda e la terza dal 1932 al 1934. La lubrificazione era forzata, con una pompa di mandata e una di recupero, e, nel prototipo, il serbatoio dell’olio, da 20,5 litri, era imbracato ai supporti dei biscottini delle balestre. Già la 1 e la 2 serie montarono invece un serbatoio più piccolo, circa 13,5 litri, parzialmente nascosto sotto il sedile lato passeggero, mentre la 3 serie era dotata di un serbatoio ulteriormente ridotto (8,8 litri), piazzato sotto il sedile lato guida.

Per le vetture di serie, con rapporto di compressione di 5,75: 1, veniva dichiarata una potenza di 142 CV a 5000 giri/min mentre il modello Le Mans del 1931, pur conservando lo stesso rapporto di compressione, erogava 155 CV a 5200 giri/min. In breve tempo la potenza passò a 165 CV e, nel 1932-1934, con il rapporto di compressione aumentato a 6,5:1, si ottennero 180CV a 5400 giri/min.

Anche le due versioni due posti, la Spider Corsa e la Mille Miglia, sviluppavano 165 CV. A differenza del modello Le Mans, la loro produzione continuò soltanto sino a tutto il 1932, allorché furono sostituite dalla versione stradale della Monza. I primi modelli della Monza da Gran Premio avevano una potenza di 165 CV, ma l’ultimo esemplare prodotto nel 1933 sviluppava già 178 CV, appena due cavalli in meno del modello Le Mans del 1934. I modelli sport erano disponibili con due diversi telai; il ‘lungo’, con passo di 3100 mm e il ‘corto’, con passo di 2750 mm. Il modello con telaio lungo, il tipo Le Mans, era disponibile con carrozzeria coupé decappottabile o in versione 4 posti, mentre il modello con telaio più corto, noto come tipo Mille Miglia, era disponibile in versione spider 2 posti.

Il disegno del telaio era molto simile a quello dei modelli 6 cilindri, dai quali si differenzia per le balestre semiellittiche che, nella 8C, erano piazzate all’esterno dei longheroni. La 8C conservava anche il retrotreno a ponte rigido ma adottava tamburi freno di maggior diametro ed un cambio di nuovo disegno, più robusto e alloggiato in un carter in lega di forma diversa. Anche la scatola guida era di tipo rinforzato. Pur confrontata con le automobili attuali, la 8C era molto veloce e la versione di serie con telaio a passo lungo 4 posti era in grado di raggiungere 161 kmh, mentre la ‘ corta 2 posti faceva 171- 174 km/h. Le prime Le Mans da corsa toccava no 199 kmh e le più recenti 209 kmh. Il peso a secco della Le Mans era inferiore a 1000 kg per cui appare abbastanza sorprendente il fatto che molti esemplari fossero equipaggiati con un blocco motore in lega di magnesio; in lega di magnesio era anche il carter cambio montato sulle vetture destinate alle gare.

Senza voler esagerare, un giro di prova su queste vetture sarebbe assai piacevole anche oggi: il motore sale rapidamente di giri appena si sfiora il pedale dell’acceleratore, e lo sterzo, piuttosto duro alle basse velocità, si alleggerisce talmente alle alte velocità che, per evitare brusche deviazioni di traiettoria, si deve agire sul volante con la massima delicatezza. Il pedale dell’acceleratore è posto al centro tra il pedale della frizione e quello del freno, facilitando così il punta-tacco. Le sospensioni sono rigide e, in curva, la macchina tende al sovrasterzo. La frizione è dolce da azionare e anche i freni, piuttosto potenti, richiedono un limitato sforzo al pedale. A proposito del cambio c’è da notare che mentre la prima e la seconda velocità sono notevolmente distanziate, i tre rapporti superiori sono piacevolmente ravvicinati. Trattandosi di un cambio senza sincronizzatori, i passaggi di marcia richiedono ovviamente una certa abilità. Il motore si avvia facilmente, si arresta non appena si toglie l’accensione, e le candele non si imbrattano facilmente d’olio. La caratteristica più notevole di questa automobile risiede comunque nella sua affidabilità: il motore non è stato pro gettato per funzionare ad alti regimi ed eroga la sua potenza senza sforzo, emettendo un rombo piacevole.

E interessante leggere quanto fu scritto su autorevoli riviste straniere specializzate. The Autocar e Motor Sport rimasero particolarmente colpite dall’elasticità della 8C 2300, considerando che essa montava un motore sovralimentato e pieno di doti corsaiole. Motor Sport scrisse che la vettura assicurava « ... una marcia sufficientemente dolce anche scendendo a 30 km/h in quarta, per poi riaccelerare altrettanto dolcemente e senza dover ritardare l’accensione a qualsiasi velocità si desiderasse...». The Autocar giudicò il suo motore ancora più generoso: « ... si può viaggiare in quarta anche scendendo sino a 500 giri/min, ossia circa 15 km/h, quindi spingere a fondo l’acceleratore sino a ben oltre 5000 giri min senza che il motore denunci alcuna incertezza ...». Se l’elasticità del motore era veramente eccezionale. anche la velocità massima e la maneggevolezza erano tali da non deludere le aspettative di un cliente Alfa. The Autocar commentò: «... e i impossibile elogiarla più di quanto meriti ... tanta è la sua stabilità, anche tra i 100 e i 160 km/h, persino sulle strade del continente, con marcato profilo a schiena d’asino e con il fondo non certo ottimale ».

Le Monza da Gran Premio utilizzavano motori perfettamente identici, anche come messa a punto, a quelli montati sui modelli sport da competizione. mentre i telai erano più corti, con passo ridotto a 2650 mm. All‘epoca i cui vinsero la prima corsa veramente importante, il Gran Premio di Monza del 1931, esse utilizzavano lo stesso sistema d’accensione dei modelli sport, e il magnete venne montato solo in un secondo tempo. L’unico cedimento ricorrente si riscontrò nell’assale posteriore (tanto che, nel 1933, Nuvolari si rifiutò di continuare a guidare questa vettura), nonostante si fosse tentato di eliminare il problema praticando dei fori aggiuntivi per la circolazione dell’olio nella scatola del differenziale e montando un differenziale a 4 satelliti. Nel 1931 le Bugatti tipo 51 erano superiori alle Monza per velocità, ma queste ultime vantavano una maggiore affidabilità.

Nel 1932 Jano realizzò la sua monoposto tipo 13 da Gran Premio (la P3) con motore simile a quello della 8C 2300, ma con cilindrata di 2600 cmc , testata fissa e doppio compressore. Con questa vettura vinse praticamente tutto quello che c’era da vincere in quell’anno. Nel 1933 l’Alfa Romeo si ritirò dai Gran Premi, autorizzando Enzo Ferrari e la sua Scuderia a gareggiare esclusivamente con le Monza sino alla fine stagione. Quando però le monoposto Maserati da 3000 cmc si dimostrarono troppo forti per le Monza di Ferrari (nonostante queste ultime, grazie all’impiego di carburatori Weber ed alla cilindrata portata a 2600 cmc - 68 mm x 88 mm,. fossero arrivate a dare 180 CV), l’Alta Romeo ritorno su questa decisione e cedette le sue monoposto alla Scuderia Ferrari.

I modelli sport ottennero innumerevoli successi, vincendo consecutivamente a Le Mans dal 1931 al 1954 e la Mille Miglia del 1932 e del 1933. Una Monza allestita in versione strada vinse la Mille Miglia del 1934 e una monoposto, trasformata in biposto, vinse nel 1935. Quella del 1954 la una vittoria degna di nota, perché Varzi la spunto su Nuvolari. In quell’occasione entrambi guidavano la 8C 2300, ma Nuvolari fu penalizzato dalla scarsa aderenza dei suoi pneumatici Dunlop su fondo bagnato.

Sebbene la superiorità delle tedesche Mercedes ed Auto Union mettesse un po in ombra le Alfa Romeo, quest’ultime continuavano a ottenere vittorie in Gran Premi del 1934 e del 1935. A partire dal 1935, esse montarono motori da 2900 cmc e, infine, da 3156 cmc con sospensioni anteriori a ruote indipendenti. Il modello da Gran Premio del 1935. con sospensioni anteriori e posteriori indipendenti, montava un motore simile, ma con cilindrata portata a 3822 cmc : sino al 1939 venne anche prodotto un numero limitato dei costosi modelli 8C 2900A e 2900B, entrambi con sospensioni a quattro ruote indipendenti e con motore a testata fissa. che ottennero ottimi risultati nelle competizioni riservate a vetture della loro categoria.

Benché la 8C 2300 fosse completamente nuova come progetto, l’Alfa Romeo riuscì a contenere i costi di produzione grazie al fatto che molti particolari del motore e del telaio erano identici a quelli utilizzati per le vetture 6C 1750. Ricordiamo che queste ultime continuarono ad essere fabbricate parallelamente alla nuova serie 2300 sino al 1934, anno in cui vennero rimpiazzate dall’ultima creazione di Jano, una 6C 2300 in versione meno spinta e più economica, senza compressore (a partire dal 1953 anche questo modello adottò le sospensioni a quattro ruote indipendenti).

Jano lasciò l’Alfa Romeo nel 1957 per passare alla Lancia, dove progettò l‘Appia, l’Aurelia e la Lancia D50 8V da Gran Premio del 1954, che diventò vettura da Gran Premio Ferrari dal 1955. La vita di Jano si concluse tragicamente a 74 anni, il 13 marzo 1965 quando, afflitto di una bronchite che perdurava da molte settimane, forse convinto di essere ammalato di cancro, si tolse la vita con una rivoltella.