Itala 1908

(Vincitrice della  prima Targa Florio nel 1906)

“Questa piccola Casa torinese realizzò alcune tra le più grosse e più veloci automobili da corsa dei suoi tempi, dotate di enormi motori, tecnicamente d’avanguardia”

Particolare di una Itala del 1907. La struttura. Nella gamma dell'Itala, alle vetture di grande cilindrata si contrappone la leggerissima trazione anteriore di 1050 cmc, a 12 cilindri a V del 1926. Il motore. Pizzagalli e il suo meccanico prima della partenza della Targa Florio dle 1908. L'abitacolo dell'Itala 120 HP 12 litri del 1908.
Un'Itala da 120 HP del 1907. Itala del 1907, dotata di un motore di 15 litri a 4 cilindri. Il posteriore dell'Itala 120 HP 12 litri del 1908.
Particolare della strumentazione dell'Itala del 1907. Il serbatoio di pressurizzazione del serbatoio dell'olio dell'Itala 120 HP 12 litri del 1908. Il frontale dell'Itala 120 HP 12 litri del 1908. Le sospensioni dell'Itala 120 HP 12 litri del 1908. Una Torpedo tipo 25/35 HP di 5401 cmc del 1912-1913. Il posto di guida.

Come un tenia ricorrente, il nome Ceirano si ripete per tutto il primo periodo della storia dell’industria automobilistica torinese: è quello di alcuni vulcanici fratelli che sembra abbiano dato vita praticamente a ogni marca di prestigio nata a Torino prima della Grande Guerra.

La Itala non fece eccezione: nell’estate del 1903, Matteo Ceirano lasciò la ditta Fratelli Ceirano per fondare la Ceirano Matteo & C. che, nell’anno seguente, si trasferì dalla sede di via Guastalla a quella di via Petrarca, con ragione sociale Ceirano Matteo & C. - Vetture Marca Itala. Pochi mesi dopo, un gruppo finanziario genovese capeggiato dal banchiere G. B. Figari intervenne per consentire all’azienda di acquisire una dimensione industriale: la società aumentò il proprio capitale a tre milioni di lire e divenne la Itala Fabbrica Automobili. L’ingegner Guido Bigio divenne direttore generale, mentre l’ingegner Alberto Balloco, subentrato, nel 1905, a Matteo Ceirano nel ruolo di direttore tecnico, si dedicò immediatamente alla prima di una serie di grosse auto da corsa destinate a pubblicizzare la produzione della piccola Casa, che comunque aveva già una «buona reputazione: le sue eccellenti caratteristiche meccaniche inducevano gli intenditori a confrontarla con la stessa Fiat»: così scriveva la rivista inglese The Autocar.

La prima Itala da competizione fu la 100 HP, che debuttò in gara il 7 agosto 1905 sul Circuito delle Ardenne pilotata dall’inglese Fabry. Anche se in corsa dovette ritirarsi per la rottura di un tubo della lubrificazione, questa vettura rappresentò una specie di modello a cui si ispirò quasi tutta la produzione sportiva successiva del la giovane Casa.

Il motore, ad esempio, era del tipo superquadro (in un periodo in cui quelli della concorrenza erano ancora a corsa lunga), con valvole di aspirazione in testa e valvole di scarico laterali. Con un alesaggio di 180 mm e una corsa di 145 mm, la cilindrata totale era di ben 14759 cmc.

La rivista inglese The Autocar commentava: «Le auto Itala sono costruite a Torino in stabilimenti fondati da capitalisti genovesi, Il modello da corsa ha un motore a quattro cilindri, con monoblocchi a due cilindri. La frizione è del tipo multidisco e la trasmissione è ad albero. Il motore sviluppa 100 HP e il cambio dovrebbe consentire velocità superiori alle 100 miglia orarie (oltre 160 km/h). Si tratta di una vettura singolarmente ben costruita, molto più solida e molto meglio rifinita dei veicoli da corsa che siamo soliti incontrare».

Poco più di un mese dopo il debutto in corsa, venne iscritta alla Coppa Florio, sul circuito di Brescia, una squadra di Itala 100 HP, affidate a Fabry, Matteo Ceirano, e al marchese Giovanni Battista Raggio, un gentleman driver genovese che si era fatto notare al volante di una 24 HP della Casa dotata di telaio alleggerito, con la quale aveva vinto la sua categoria nella corsa in salita Susa-Moncenisio.

Nella gara bresciana, lunga 500 km, Raggio realizzò una media di oltre 105 km/h; il suo compagno di scuderia Fabry si classificò al settimo posto alla media di 94 km/h, mentre Ceirano, che era rimasto in terza posizione fino al termine del secondo e penultimo giro, dovette ritirarsi per lo scoppio di un pneumatico, che lo costrinse a raggiungere i box sul cerchione.

«La vittoria dell’itala è una delle più complete finora registrate», commentò The Autocar. «Non solo ha vinto la Coppa Florio, ma anche la Coppa Salemi (offerta dalla principessa Letizia di Savoia-Bona parte per la maggiore regolarità) e la Coppa Italia per il tempo migliore sui primi 300 km, realizzato da Ceirano in 2 ore e 40 minuti, alla media di oltre 112 km/h».

Vincenzo Florio fu talmente soddisfatto dell’esito della corsa (nonostante la maggior parte degli spettatori l’avesse trovata piuttosto noiosa) che l’anno successivo organizzò la prima Targa Florio. Per quell’epoca, Matteo Ceirano si era dimesso dall’Itala per fondare, con Michele Ansaldi, la SPA, ma l’Itala continuò il suo programma corse, iscrivendo una squadra di cinque prototipi 40/50 HP (motori 4 cilindri a valvole laterali; alesaggio 130 mm; corsa 140 mm; cilindrata 7433 cmc alla nuova corsa organizzata da Florio, cui presero parte dieci concorrenti.

I piloti della Casa torinese erano gli italiani Cagno e Graziani, il rappresentante inglese dell’itala, li. R. Pope, l’autista francese di Florio, Victor Rigal, e il gentleman driver belga barone Pierre de Caters. La gara fu vinta da Alessandro Cagno; Graziani arrivò secondo a ben 32 minuti, Rigal quarto e de Caters quinto. La durezza della corsa è rivelata dal fatto che la velocità media mantenuta dal vincitore fu di appena 46,800 km/h.

La vittoria nella Coppa Florio del 1905 ebbe un altro inatteso risultato, derivato dal fatto che l’unico spettatore inglese non riuscì a vedere la corsa... Il ricco proprietario terriero Hugh Fortescue I.ocke-King era stato uno dei primi lunatici dell’itala, e aveva acconsentito alla costruzione di uno stabilimento ausiliario sulle sue proprietà di Brooklands, nei pressi di Weyhridge. Surrey (non è comunque noto se quella fabbrica abbia mai prodotto qualcosa). Locke-King era partito sulla sua itala da turismo per assistere alla gara sul circuito di Brescia, ma, avendo danneggiato l’auto su un passo delle Alpi, non riuscì ad arrivare in tempo. Quando venne a sapere che la gara era stata un successo completo dei ‘continentali’, perché nessuna vettura britannica vi era stata iscritta, Locke-King decise di costruire una pista sulla quale l’industria britannica potesse sviluppare i propri prodotti, e il risultato fu la costruzione del circuito di Brooklands, a curve rialzate, che venne inaugurato nel 1907 e che ben presto ospitò importanti gare.

Una squadra di Itala 120 HP venne iscritta al primo Gran Premio di Francia del 26-27 giugno 1906. Le auto furono affidate a Cagno, de Caters e Fabry; sembravano le stesse auto che avevano disputato la Coppa Florio, ma il motore era stato maggiorato, con un alesaggio di 185 mm e una corsa di 155 mm, per una cilindrata totale di 16666 cm il piantone dello sterzo era più inclinato, il sedile era stato modificato e il serbatoio del carburante sostituito con uno più capiente.

Quella volta la fortuna non fu dalla loro, perché Fabry si ribaltò al primo giro, de Caters fu coinvolto in un incidente al secondo e dovette ritirarsi, mentre la vettura di Cagno riportò danni al radiatore a causa dei sassi scagliati dalle ruote di altre auto e dovette abbandonare a sua volta, durante il terzo giro. Cagno e Fabry parteciparono poi con le loro Itala 120 HP alla

Coppa Vanderbilt del 6 ottobre 1906, ma non riuscirono a raggiungere il traguardo.

Per i costruttori che volevano partecipare alle principali corse dell’anno, quella del 1907 fu una stagione costosa, perché tre grandi competizioni internazionali, la Targa Florio, la Coppa del Kaiser e il Gran Premio di Francia avevano formule diverse. Incidentalmente, ricordiamo che la Fiat, con Felice Nazzaro, vinse tutte e tre le gare.

Quanto all’Itala, la stagione 1907 fu molto intensa, e iniziò con un terzo posto nella Targa Florio, conquistato dall’Itala 35/40 HP di Fabry di 7433 cmc che finì a pochi minuti di distanza dalle prime due classificate, entrambe Fiat. Nel maggio un’itala 35/40 HP perfettamente di serie e opportunamente alleggerita, pilotata da H. R. Pope, stabilì un primato ufficioso di velocità su strada fra Montecarlo e Londra, coprendo la distanza, di oltre 1200 km, in 29 ore e 16 minuti.

Una vettura simile vinse la Pechino-Parigi, con al volante il principe Scipione Borghese; suoi compagni d’avventura furono Luigi Barzini, inviato speciale del Corriere della Sera e del Daily Telegraph, e il meccanico Ettore Guizzardi. «Telaio e balestre erano stati irrobustiti e l’auto viaggiava su ruote più larghe e più robuste... La carrozzeria si limitava a due sedili anteriori, per il principe e per il meccanico, e a un sedile posteriore, ai due lati del quale c’era un serbatoio cilindrico della capacità di 150 litri...».

Fu quest’auto a ottenere il successo in quella che molti ritengono la più straordinaria impresa automobilistica mai realizzata. I sedicimila chilometri tra Pechino e Parigi furono coperti dall’Itala in 60 giorni (44 di marcia effettiva). Per lungo tempo, grazie a questa affermazione, l’Itala fu conosciuta i tutto il mondo.

La Casa conquistò inoltre, in giugno, l’8°, il 10§° e il 16° posto nella corsa per la Coppa del Kaiser. dove per la prima volta fu introdotto il limite di cilindrata. Soltanto la scuderia Fiat, che vinse, e quella Itala, conclusero a ranghi completi la gara, su un campo numerosissimo di iscritti (92): si dovettero disputare due batterie eliminatorie per ridurre il numero di partecipanti alla gara vera e propria. Le Itala presentarono per la prima volta un ingegnoso serbatoio, con corpo cilindrico verticale, sul quale vennero infilati i quattro pneumatici di riserva. Simili per progettazione a quelle della stagione precedente, le Itala di quell’anno avevano un motore biblocco di 792b cmc, decisamente superquadro (alesaggio di 145 mm e corsa di 120 mm).

Per moti si ignoti, l’Itala non prese parte al Gran Prendo di Francia del 1907, pur avendo costruito una vettura rispondente al regolamento della corsa, che prescriveva un consumo massimo di combustibile di 30 litri per cento chilometri, senza limitazioni alla cilindrata. E’ possibile che le auto non siano state preparate in tempo e in effetti la squadra Fiat, vincitrice, riuscì appena a rispettare la data del 15 aprile, oltre la quale le iscrizioni sarebbero state possibili soltanto con tassa doppia - (La marca Itala fu comunque indirettamente presente al Gran Premio perché Leo Martin, che aveva progettato le vetture da corsa Weigel 8 cilindri in linea da Gran Premio, aveva scelto la via più semplice, quella di copiare il propulsore Itala da 40 HP e di accoppiarne due, in modo da realizzare un motore a otto cilindri.)

Le Itala venivano senz’altro descritte come modelli ‘Gran Premio da 120 HP; i loro motori erano costruiti rispettando le caratteristiche tecniche tipiche di questa marca (basamento biblocco, valvole d’aspirazione in testa e valvole di scarico laterali) e avevano una cilindrata complessiva di 14 432 cmc (175 mm x 150 mm). Invece, l’unica importante gara a cui parteciparono queste Itala GP da 120 HP fu la Coppa della Velocità, svoltasi a Brescia il 2 settembre. Fu probabilmente la prima corsa in cui ebbe importanza determinante la scelta dei pneumatici (resa possibile soltanto l’anno prima grazie all’adozione di cerchioni a bordi smontabili): la pioggia cominciò a cadere durante il primo giro di 60 km, rendendo molto sdrucciolevoli alcune parti del circuito.

«Gli italiani molto saggiamente si fermarono per montare pneumatici antiscivolo», notò The Autocar, «mentre la maggior parte dei concorrenti francesi preferì conservare quei preziosi minuti e correre il rischio di proseguire con i pneumatici lisci ... e pagarono a caro prezzo quella loro eccessiva temerarietà...’.

La Bayard-Clément di Fitz Shepard sbandò e si capovolse e Duray, che stava lottando per il primo posto con l’Itala di Cagno, uscì di strada con la sua Lorraine Dietrich e danneggiò lo sterzo. Ci volle un quarto d’ora per riparare il guasto e questo costò a Dura la vittoria: Cagno poté così giungere al traguardo con più di tre minuti di vantaggio.

Questa vettura e un’altra della squadra Itala del 1907 furono acquistate da Edgar Thornton. abitante nell’isola di Wight, che provvide a dotarle di fanali e parafanghi per poterle utilizzare regolarmente su strada. Nel 1908 l’ex vettura di Cagno, che portava ormai la targa di immatricolazione dell’isola di Wight DL-259, fu inviata in Russia per prender parte alla corsa Pietroburgo-Mosca, di oltre 690 km, pilotata da H.R.Pope. Partita ottava su dieci concorrenti, l’Itala era riuscita a raggiungere il terzo posto dopo circa 320 km, quando, piombando su un ponte a schiena d’asino nel polverone sollevato dai veicoli i che la precedevano, spaccò le balestre anteriori. Pope riusci comunque ad arrivare terzo, anche se ci mise dieci ore a coprire i 370 km che restavano, contro le tre ore e mezzo per i 320 km precedenti.

In seguito, Thornton rinunciò alla seconda Itala, ma continuo a usare quella di Cagno lino alla sua morte, nel 1931 la vedova, dopo averla guidata per un pò, fini per lasciarla al proprietario di un garage. Frank Cheverton . Oggi l’Itala di Cagno è esposta al National Motor Museum di Beaulieu e, a parte una modifica all’impianto d’accensione a magnete e ai tubi di scarico, che passano ora dietro i longheroni del telaio antiche attraverso il cofano, è ancora esattamente com’era quando vinse la Coppa della Velocità.

Il 14 luglio 1907, poco dopo il Gran Premio di Francia, venne tenuta a Ostenda una conferenza internazionale per discutere la razionalizzazione delle formule corsa per il 1908 e si accettò di adottare una formula unica, proposta dal delegato britannico, invece delle tre formule diverse utilizzate da Francia, Italia e Germania nel 1907. La formula si basava sul valore massimo per l’alesaggio di 155 mm per motori a 4 cilindri, e su un peso minimo di 1100 kg.

Per conformarsi a queste nuove specifiche, l’Itala presentò una squadra di tre auto da 120 HP; il motore, con alesaggio di 154,8 mm e corsa di 160 mm, era in grado di raggiungere un regime massimo relativamente elevato di 1800 giri al minuto, che teoricamente consentiva alla vettura di sfiorare i 185 km/h, concedendo un ragionevole margine di affidabilità alle velocità di corsa. La vettura era più veloce delle auto del 1907, nonostante il motore più piccolo.

Nel 1908 ci furono i primi interventi all’‘aerodinamica delle carrozzerie: le auto di quell’anno avevano una superficie frontale minore delle precedenti, al punto che fu necessario realizzare una specie di risalto nel colano motore per ospitare il complesso delle valvole in testa.

Il propulsore era quel lo classico delle auto da corsa della Casa, con un unico albero a camme che comandava le valvole di scarico laterali e quelle di aspirazione in testa, con i bilancieri disposti nel piano dell’albero a camme. Il duomo dell’aspirazione era smontabile e le valvole di scarico potevano venire sfilate per la revisione e la manutenzione attraverso le luci delle valvole di aspirazione. L’albero a camme comandava anche le aste della distribuzione, su cui erano montate le camme di interruzione per l’accensione a bassa tensione (che faceva scattare la scintilla dalle candele unipolari quando il circuito di accensione veniva interrotto dalle camme), mediante un ingranaggio a denti obliqui; la fase di accensione poteva venire variata spostando longitudinalmente l’intero albero a camme.

Il complesso impianto di lubrificazione utilizzava un serbatoio pressurizzato dai gas di scarico, che trasferiva l’olio a un recipiente sistemato davanti al conducente e che incorporava otto pompe a doppio stantuffo comandate, tramite una puleggia e una cinghia, dall’albero a camme. Tre pompe fornivano olio ai cuscinetti di banco, quattro lubrificavano le pareti dei cilindri e l’ultima sgocciolava olio sui comandi delle valvole. L’impianto funzionava con il sistema a perdita totale e la quantità di olio fornita ai cuscinetti poteva venire modificata cambiando la puleggia di comando.

L’itala aveva la trasmissione ad albero (il 60% dei 47 partecipanti al Gran Premio di Francia aveva la trasmissione a catena), con la coppia di riduzione chiusa in una scatola in lega imbullonata agli alloggiamenti in acciaio dei semialberi inseriti a pressione: l’albero di trasmissione era munito di due giunti cardanici e la reazione di coppia era ammortizzata da un braccio triangolare imperniato dietro il cambio.

Nelle scommesse prima della corsa, che doveva svolgersi martedì 7 luglio, le Itala erano date dieci a uno, la stessa quotazione delle Mercedes, che poi vinsero (ma la maggior parte dei favoriti non riuscì a por tare a termine la corsa). Cagno riuscì a classificarsi soltanto all’undicesimo posto, alla media di 94 km/h su un percorso di 768 km, mentre il suo compagno di scuderia Fournier si classificò ventesimo (la terza auto, condotta da Piacenza, dovette abbandonare al terzo giro), ciononostante la stampa diede rilievo alla potenzialità della vettura.

«L’itala di Cagno», commentò l’autorevole periodico francese Omnia, «era molto, molto veloce e il bravo pilota fece registrare meravigliosi tempi sul giro; se solo avesse avuto un po’ più di fortuna, avrebbe potuto benissimo vincere...».

Le Itala parteciparono ad altre corse: in settembre, alla Coppa Florio a Bologna, Cagno riuscì a piazzarsi terzo, nonostante l’occhiello di una balestra rotto e il radiato re spaccato, riuscendo anche a contenere l’attacco di Demogeot su Mors, preceduto di 59 secondi dopo 4 ore e 56 minuti di gara. Poi, il 26 novembre, la scuderia Itala partecipò al Gran Premio dell’Automobile Club d’America: Fournier si classificò ottavo, Cagno e Piacenza non riuscirono a portare a termine la gara.

Quella fu praticamente la conclusione della carriera agonistica della Casa. Due Itala finirono in Inghilterra, dove quella che era stata probabilmente la vettura di Cagno fu venduta a un privato, H. T. L. Young, che vi montò ruote a raggi asportabili e una carrozzeria da turismo con sedili accoppiati molto ravvicinati, realizzata dalla Vincent di Reading, mentre un’altra fu acquistata da J. B. Egleston.

L’auto di Young fece la sua comparsa a Brooklands per la Senior Handicap Race del maggio 1909, guidata da R. Wildegose, e girò a 150 km/h. Migliorata nell’aerodinamica, corse a Brooklands e in altre competizioni fino al 1911.

Il Gran Premio del 1908 non è stato però la fine definitiva della carriera dell’Itala nel campo delle corse, perché la marea apparve in numerose gare minori tra il 1909 e il 1915 con modelli da 120 HP: il pilota Roth, per esempio, vinse la corsa del 1909 a Mar del Plata con la sua 120 HP e nel 1913 l’Itala riapparve nel Gran Premio di Francia con una squadra di vetture a valvole rotative, peraltro poco affidabili per la tendenza di queste al grippaggio.

Una 35 HP ‘avalve’, pilotata da Antonio Moriondo, finì seconda in classifica genera le nella Targa Florio del 1919, mentre nel 1926 l’ingegner Giulio Cesare Cappa, da poco nominato ingegnere capo della Casa, realizzò un prototipo di vettura da competizione a trazione anteriore con un complesso e minuscolo motore a dodici cilindri a V di soli 1050 cmc (45 mm X 55 mm) e un telaio in legno che rimase solo allo stadio di prototipo.

L’itala si fuse nel 1929 con le Officine Metallurgiche e Meccaniche di Tortona. La nuova ditta, denominata Itala S.A., avrebbe dovuto beneficiare di un’ingente fornitura di autoveicoli militari alla Polonia, un affare che purtroppo non andò a buon fine. Tramontata anche la possibilità di un assorbimento da parte della Fiat, nel 1930 venne costituita la Itala SACA (Società Anonima Costruzioni Automobilisti che), che cercò di collocare i telai già ultimati e riuscì anche a produrre il tipo 75, una vettura a 6 cilindri di 2310 cmc (75 mm x 100 mm). Si trattò, però, dell’ulti mo tentativo, perché neI 1934 la Itala SACA cessò definitivamente l’attività produttiva e commerciale.