Giulio Masetti

Agli inizi del secolo l’automobilismo sportivo era una pratica riservata a pochi facoltosi uomini amanti dell’avventura e della sfida di questo nuovo sport. Si scopriva un mondo nuovo, si abbandonavano i cavalli veri per quelli vapore e l’entusiasmo e l’interesse degli spettatori per questo nuovo sport faceva si che sempre più ardimentosi vi si cimentassero. Alcuni di questi hanno infiammato intere popolazioni e la sicilianità non è stata da meno in questo. Un esempio per tutti negli anni venti fu il Conte Giulio Masetti. Questi interpretò lo spirito di questo sport fino all’estremo sacrificio. Quando alle 7,33 del 25 aprile 1926 scattò dalla linea di partenza con la sua Delage, non pensava certo che sarebbe stata la sua ultima partenza alla Targa Florio e non soltanto, infatti iniziò da subito ad aggredire le curve che, tra l’altro, conosceva benissimo, con la sua solita e leggendaria irruenza, doti che gli avevano fatto meritare l’appellativo di “Leone delle Madonie”. Dopo venti minuti circa dalla partenza stava recuperando sul suo compagno di squadra Albert Divo e tutto lasciava presagire che sarebbe stata una giornata importante per lui, ma il suo destino purtroppo era un altro, era quello di essere uno dei pochissimi piloti a perdere la vita alla Targa Florio nel periodo compreso tra il 1906 ed 1977. L’altro fu il povero Fulvio Tandoy nel 1971. Trenta chilometri circa dopo la partenza dalle tribune di Cerda, nell’affrontare due curve in sequenza, usciva di strada e cappottandosi rimaneva vittima della sua stessa irruenza. Al diffondersi della notizia lo sconforto fu totale poiché oltre ad essere un pilota che come gli altri onorava la Targa Florio nella sua essenza di sfida temeraria alla velocità, era diventato un beniamino del pubblico locale, che lo aveva visto trionfare in ben due Targa Florio, quella del 1921 su Fiat e quella del  1922 su Mercedes. Nell’edizione del 1919, la prima partecipazione alla Targa, si era piazzato al 4° posto su Fiat, come aveva fatto anche nel 1923 su Alfa Romeo. Nel 1924, invece, si era classificato secondo su Alfa Romeo dietro a Christian Werner su Mercedes. Questi risultati evidenziano la sua capacità di adattamento alle difficoltà che una gara come la Targa Florio poteva presentare ed hanno suscitato nel pubblico locale un affetto ed una ammirazione notevoli per questo giovane nobile. La Targa Florio era riuscita ad accomunare in un affetto ed entusiasmo reciproci due mondi diversi e lontani fra di loro, l’umiltà e la povertà della gente locale e l’aristocratica nobiltà di un Conte fiorentino. Dal 1919 al 1926, anno della sua morte, mancò all’appuntamento con la Targa Florio soltanto del 1925, a seguito delle polemiche nate per via del suo passaggio ad una casa costruttrice straniera, l’inglese Sunbeam. Si era nel ventennio e l’italianità veniva considerata una priorità assoluta. La globalizzazione non aveva ancora pervaso di sentimento europeista i popoli del vecchio continente e, negli ambienti che contavano, tutto ciò veniva vissuto come un tradimento all’amor patrio. Non bastarono le insistenti ed affettuose richieste di Vincenzo Florio al Conte Masetti. Quest’ultimo altrettanto affettuosamente e cordialmente nego la sua presenza per il 1925, promettendola per 1926, anno in cui andò con coraggio incontro al suo triste destino.